riccardo achilli
Negli anni, dopo il riflusso centralistico che, dall’ultimo esecutivo Berlusconi in poi, ha caratterizzato il panorama amministrativo italiano, e che ha spento i fuochi “federalisti” (o per meglio dire regionalisti) nati dalla Riforma del Titolo V della Costituzione, si è assistito, nelle Regioni a statuto ordinario, ed anche in Basilicata, ad un certo ripiegamento della funzione programmatica. Ripiegamento motivato da tanti fattori, fra i quali la riduzione delle risorse finanziarie disponibili, le esigenze di austerità, che hanno trasformato i Governatori regionali in commissari del Governo per la spending review, il costo politico del fallimento del disegno regionalista introdotto a fine anni Novanta con la riforma Bassanini, e l’esplosione di scandali politici che hanno investito gli enti-Regione, riducendone l’autorevolezza e la credibilità presso l’opinione pubblica.
In tale condizione, si è verificato quindi un ristagno della funzione programmatoria delle Regioni che, a ben vedere, ne costituisce la vera ragion d’essere, proprio mentre il depotenziamento delle Province e le crescenti difficoltà finanziarie dei Comuni, specie nel Mezzogiorno, creano veri e propri vuoti amministrativi che le Regioni sono spesso chiamate a riempire in funzione surrogatoria o sostitutiva.
E’ chiaro che se serve mantenere in vita gli enti-Regione, occorre rilanciare il ruolo programmatico, sia rafforzando, a valle, gli enti locali, anche mediante incentivi all’associazionismo intercomunale e/o alle fusioni di piccoli Comuni (un elemento di particolare rilevanza in Basilicata, dove il 63% dei Comuni ha meno di 3.000 abitanti) per rilanciarne un ruolo autonomo nella pianificazione di area vasta dei servizi pubblici essenziali, sia concentrando l’operato della Regione sul “core business” della programmazione.
Mentre appare chiaro che a livello nazionale occorrerà rivedere la questione delle materie a competenza concorrente Stato/Regioni, al fine di chiarirne meglio gli ambiti, e da questo punto di vista lo scrivente ritiene necessario che anche la Basilicata partecipi, di sua iniziativa, al processo di autonomia differenziata, basato sull’articolo 116 terzo comma della Costituzione, promosso dal Governo nazionale, al fine di demarcare in modo più chiaro le competenze sulle materie concorrenti, è chiaro che un rilancio della capacità programmatoria regionale non può che derivare dalla ricostruzione di una strumentazione organizzativa in grado di supportare tale delicata funzione.
Ricostruzione di competenze e know how, in primo luogo: l’errore da non fare è quello di privarsi di un team professionale di supporto tecnico alla programmazione, un ruolo che, in questi anni ed in Basilicata, è stato egregiamente svolto dal N.R.V.V.I.P., ovvero dal Nucleo Regionale di Verifica e Valutazione degli Investimenti Pubblici. Tale team, avvalendosi di esperienze multidisciplinari, è infatti in grado di fornire al decisore regionale un supporto consulenziale lungo tutto il ciclo di vita della programmazione, che parte dall’analisi socio-economica con metodi SWOT, alla definizione dell’albero degli obiettivi di programma, alla sussunzione degli strumenti di policy e delle fonti di finanziamento rispetto agli obiettivi, per finire con la definizione di metodi di monitoraggio e valutazione delle politiche, che forniscono indispensabili feed back informativi per la rielaborazione degli obiettivi e delle politiche connesse, chiudendo il cerchio.
E’ però importante riconoscere l’apporto di un simile gruppo di lavoro non meramente nella fase più banale della fornitura di prodotti (rapporti di valutazione, report di analisi socio economica, ecc.) ma, bensì, inserirlo dentro la vita pulsante della programmazione, prevedendo un confronto continuo e quotidiano fra indirizzo politico e suggerimenti tecnici, nel quale entrambi gli aspetti si modificano e si implementano a vicenda.
Così come è importante capire “dove”, dentro l’articolazione organizzativa regionale, va collocata la funzione di programmazione. Mentre i singoli Assessorati possono continuare a svolgere una programmazione di settore, essa va incardinata dentro una strategia generale, da determinarsi in modo preciso attraverso un documento programmatico, ovvero il DEFR, che non si limiti solo a fare l’inventario delle risorse finanziarie disponibili e dei loro impieghi nel bilancio regionale, ma che le indirizzi in funzione di scelte strategiche di policy.
Da questo punto di vista, l’opinione di chi scrive è che il bicefalismo del Dipartimento di Presidenza della Giunta, fra una Direzione Generale che si occupa di programmazione, monitoraggio, valutazione e bilancio (cioè della “testa”) ed una che si occupa di risorse umane e materiali (cioè delle “membra”) sia scarsamente funzionale. Crea inutili duplicazioni e sovrapposizioni fra i due Dirigenti Generali, e si traduce in una continua concertazione fra i due. Probabilmente la soluzione migliore sarebbe quella del ripristino di un Assessorato alla Programmazione, come nei tempi migliori della Regione, che tenga insieme programmazione, bilancio, gestione delle risorse umane e strumentali e che abbia il potere di essere un punto di raccordo e valutazione delle singole programmazioni settoriali degli Assessorati, onde garantirne l’unitarietà dell’indirizzo ed il rispetto del programma di governo della Giunta. Una simile funzione non può, ovviamente, essere delegata ad un Dirigente Generale, se non addirittura, come avvenuto, ad un Dirigente di ufficio, che non hanno l’autorevolezza per rapportarsi da pari a pari con un Assessore. Di fatto, l’unitarietà dell’indirizzo viene assicurata dal solo Presidente della Giunta con il supporto dell’Ufficio di Gabinetto, che però rischia di non riuscire a garantirla in modo idoneo, dovendosi confrontare quotidianamente con scenari in continua evoluzione e con la routine quotidiana, e non avendo, spesso, gli strumenti tecnici e metodologici per operare.