LO SPORT E’ UNA COSA SERIA

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Dino De AngelisDINO DE ANGELIS

 

Mi sono scaldato abbastanza a seguire la vicenda Roma e la sua ipotesi di candidatura alle Olimpiadi nel 2020. Mi sono scaldato per molti motivi, il primo dei quali è che lo Sport è una cosa seria, e andrebbe sempre scritto con la lettera maiuscola. E quando c’è di mezzo lo Sport, prima di tutto dobbiamo capire cosa intendiamo con questo termine. È un discorso molto lungo, ma cerco di riassumerlo semplificandolo con una netta distinzione tra sportivi da salotto (per lo più osservatori, che nella maggior parte dei casi passano facilmente da tifosi a commissari tecnici di molte discipline anche se non hanno mai indossato un solo paio di scarpette in vita loro) e sportivi praticanti (che nel nostro paese sono una parte minoritaria). Non proseguo sulla ulteriore distinzione nell’ambito di questa seconda categoria, tra sportivi dilettantistici (o amatoriali) e sportivi professionistici poiché, nelle more del discorso, non ha alcun senso.

Orbene, in queste ore molti pontificano circa l’opportunità che Roma e l’Italia intera abbiano perso nel non mandare avanti la candidatura alle Olimpiadi. A tale riguardo osservo quanto segue.

In Italia i cosiddetti grandi eventi sportivi hanno sempre (non a volte, o spesso, ma sempre) causato bilanci talmente negativi che, solo da poco tempo abbiamo (noi tutti, attraverso varie forme di tassazione) smaltito i debiti accumulati con l’organizzazione di Italia 90. Ovvero: abbiamo acclaratamente dimostrato di non essere in grado di far fruttare – nemmeno di portare al pareggio – il budget dei grandi eventi (non solo sportivi, per la verità, vedi disastroso deficit causato dal recente Expo di Milano). E questa sarebbe già ragione sufficiente per condividere l’opportunità di non mandare avanti la candidatura di Roma. Ma questo è solo un aspetto marginale del discorso, legato per lo più alla parte economico-finanziaria. Dietro questo paravento (di tutt’altro che trascurabile entità) si annida la mala gestione affidata in genere a personaggi di scarsa reputazione dal punto di vista imprenditoriale. E già, perché se Montezemolo è una specie di Mida al contrario, allora pure qualche dubbio si deve avanzare sulle abilità manageriali del comitato promotore.

Il famoso sportivo da salotto può ammirare le prestazioni dei suoi meravigliosi atleti anche se le Olimpiadi si tengono in Asia, in Australia o in America, tanto lui dal suo salotto non si muoverà e la sua visione non verrà assolutamente intaccata se le Olimpiadi non si terranno a Roma.

Ma non abbiamo ancora toccato il cuore del vero problema che è il seguente. Tutti i fondi occorrenti per la creazione o la ristrutturazione dei mega impianti che debbono accogliere i grandi eventi possono (e devono, perdiana!) tanto per cominciare essere riconvertiti sul patrimonio scolastico nazionale nei confronti di tutte quelle scuole che non hanno nemmeno uno straccio di palestra dove fare educazione fisica e che, durante quell’ora, nella migliore delle ipotesi, fanno passeggiate ecologiche, oppure escono prima se si tratta dell’ultima ora. Cioè un autentico nonsense. Forse sarebbe anche il caso di cambiare questo termine di “educazione fisica”, visto che da millenni è stato dimostrato che l’attività sportiva è ben più importante della sola cura del fisico.

Il CONI, massimo organismo promotore di cultura sportiva ad ampio raggio, anziché preoccuparsi di organizzare i grandi eventi, dovrebbe, come le sue funzioni prevedono, cercare di allargare la pratica dello sport nei confronti di tutte quelle categorie sociali che non sono in grado di praticarlo. Pertanto, al di là delle posizioni di tifo (grillismo o non grillismo) che non mi interessano in alcun modo, ecco come si dovrebbero utilizzare al meglio i fondi destinati allo sport: da una parte nella dotazione di un impianto sportivo nei confronti di tutte le scuole che non ne sono provviste, e dall’altra nella creazione di facilitazioni alle attività sportive verso quelle categorie sociali che, semplicemente, vorrebbero fare un minimo di attività sportiva ma non ne hanno la possibilità, inclusi i portatori di handicap.

A Potenza, ad esempio, chi vuole fare sport, è costretto a recarsi in un comune vicino perché in città non esiste un solo luogo, indoor o outdoor, dove poter praticare sport liberamente, senza dover farsi tessere varie di accesso a palestre private. Senza tener conto del fatto che la Basilicata registra la percentuale più alta d’Italia in fatto di obesità infantile.

Lo Sport è una cosa talmente seria che se la politica e la gestione dei beni comuni adottassero gli stessi criteri per assegnare titoli e retrocessioni, il mondo sarebbe un posto migliore in cui vivere.

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