CAMPIONE FINO………IN FONDO
0Ricordare Donato Sabia non è così semplice. Soprattutto a pochi giorni dalla sua scomparsa. Lo è ancora meno scriverne. Scrivere di nobiltà d’animo, di gentilezza, di disponibilità e generosità può apparire un esercizio scorrevole e invece non esiste nulla di più complicato. E’ come maneggiare un cristallo trasparente e finissimo, dalle qualità pregiate tanto quelle che Donato rappresentava, così rare e preziose che il timore di perderle, nello stesso tempo in cui si raccontano, si aggiunge al dramma della morte. La morte. Un altro mistero, ancora più difficile da spiegare in questo tempo, dove la vita sembra essersi quasi arresa. Donato era nostro, era il nostro campione, il nostro amico, il nostro cittadino. E continuava ad essere un personaggio, perché incontrarlo rimandava agli anni in cui tutti noi lo seguivamo nelle sue imprese sportive. Chi non ha tifato per lui in quel lontano 1984, mentre tutta l’Italia “contava” i passi sempre più lunghi e veloci nella speranza che tagliasse il traguardo davanti agli altri atleti? Il 1984, una beffa bisestile. Ci ha restituito il ricordo di una gara strepitosa che oggi finisce con un sorriso amaro, con un dolore inspiegabile e con la tristezza di chi ha perso con un nemico sconosciuto, ma di certo subdolo, mentre un maledetto rewind riavvolge la pellicola del tempo fino allo stop. E come accade in queste occasioni drammatiche, ciò che trasuda, oggi e per sempre, è il messaggio racchiuso nella costanza e determinazione che lo hanno reso campione oltre alla sua sconfinata onestà, mai barattata con la gloria sportiva. Probabilmente solo la morte è capace di questo. Di spogliarci e lasciarci con quelle poche cose che contano davvero nella vita. Forse solo per un attimo, sfumato dalla regolare ripetizione e ossessionante perseveranza del nostro quotidiano, giusto o sbagliato che sia. Per alcuni, quell’attimo dura una vita. Per altri è la vita. Donato è stato uno di quelli che ha reso la vita un valore e, con il suo fare, lo ha trasferito a tutti noi. Un fare mite, mai ostentato, sudato e sofferto, così come richiesto, sul principio, dall’obiettivo ambizioso della disciplina sportiva e poi dalla vita, altrettanto intensa. Di perseveranza, passione, competizione, agonismo ne è stato ambasciatore ma anche tutore. Senza lesinare, ha insegnato generosamente a chi ha voluto seguire le sue tracce di atleta. Donato. Omen nomen. La partecipazione attiva alla vita della città, figlia dello stesso impegno che ha mosso le sue gambe verso i numerosi traguardi, la determinazione di chi si misura con l’altro riconoscendone il valore, la caparbietà di ricercare suggerimenti sui temi a lui cari, hanno continuato a rinnovare i suoi valori sportivi e a far vivere il “personaggio”, seppure velatamente, lasciando che trapelasse attraverso i modi gentili con i quali si relazionava. Forse proprio per questo continuava ad essere un “campione”, per la sua riservatezza ed il suo essere schivo pubblicamente, tanto da obbligare ad una sorta di soggezione mista ad ammirazione, soprattutto oggi, dove l’apparenza pesa forse più di qualsiasi valore. Vicino a lui ci si sentiva campioni anche per un solo attimo, si avvertiva la solidità di chi è convinto che già provare serva a migliorarsi.
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