L’incapacità di prendere di petto una situazione con leggi e provvedimenti adeguati insieme all’italico vizio di dare un colpo al cerchio e uno alla botte ha creato in Italia la figura del Magistrato anticorruzione, nella persona di uno stimatissimo Raffaele Cantone, magistrato eccellente e soprattutto persona intelligente. Questa persona è così in gamba che fa coesistere la sua funzione con quelle che sono proprie della magistratura penale, con un lavoro che un giorno è segnalazione, un giorno è denuncia, un giorno è consiglio al Governo, un giorno è inchiesta , un giorno è lavoro di drafting (che consiste come si sa nella predisposizione tecnica di norme di legge). Non ci fosse stato lui, le Procure di tutta Italia si sarebbero sollevate per questa ingerenza in funzioni inverstigative che vanno a collidere proprio con quelle della Magistratura Inquirente, e non è che i mormorii non si sentano un pò qua un pò là. Ieri però l’eccelso Magistrato è andato oltre e si è cimentato come figura morale che, come il Presidente della repubblica, lancia messaggi, moniti: ha detto ad un convegno “ chi è per bene non fa carriera nella Pubblica Amministrazione” , con il che creando imbarazzo in più di qualche ambiente governativo e aprendo soprattutto una discussione dove ognuno ci mette del suo.. E’ una affermazione che andava spiegata meglio e che va capita dal verso giusto, e cioè che spesso da parte dei vertici politici si pretende di vedere al proprio fianco persone ubbidienti che si limitano a portare avanti le scelte decisionali politiche, trovando loro il modo di farle entrare nella legalità: quindi una traduzione lecita di scelte che sono politiche. Però, se proprio si vuole prendere il toro per le corna si può trovare adeguato l’accostamento che molti fanno al tema degli incarichi dirigenziali dall’esterno, che dovrebbero essere in ogni amministrazione non più del dieci per cento dell’intero corpo dirigenziale, ma che, per riffe e per raffe, per disposizioni straordinarie ed esigenze eccezionali, stanno proliferando a dismisura in tutte le amministrazioni centrali e locali. Qui il tema è davvero scottante perché da quello che si vede in giro la legge che prevede l’ immissione dei privati nella pubblica amministrazione è completamente snaturata: nelle intenzioni del legislatore , doveva trattarsi di un innesto di professionalità forti, non presenti nei quadri dirigenziali; invece si tratta spesso, non sempre per fortuna, di figure senza arte né parte, che magari hanno gestito un’assicurazione dove c’erano tre o quattro impiegati e che hanno esaurito la loro funzione dirigenziale in cose di poco conto. E’ vero che si tratta di incarico a tempo determinato, però sovente l’incarico triennale viene rinnovato e rinnovato ancora. Che cosa comporta questo snaturamento della legge? Che sovente, nella incapacità di fronteggiare la dirigenza “organica” dei ministeri o dei dipartimenti o degli enti, si crea un nucleo che vicino al politico avoca a sé le pratiche dove c’è da esercitare la discrezionalità, creando malumore, gossip, dicerie varie e attivando l’intervento della Magistratura ( vedi caso Anas). In questo senso la provocazione di Cantore ci sta tutta. Però, anzichè… esternare, farebbe bene a predisporre un testo normativo che riveda le modalità di accesso.. dall’esterno, i criteri di scelta e le professionalità che, per dirigenti apicali, dovrebbero essere assolutamente inconfutabili. Rocco Rosa
CANTONE. “CHI E’ PER BENE NON FA CARRIERA NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE”
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