Marco Di Geronimo

A sinistra si scaldano i motori. No, non è di Italia Viva che si sta per parlare. Ma di Marco Rizzo e della sinistra radicale. Perché qualcosa si muove tra le macerie. Com’era inevitabile che fosse.

Nei giorni scorsi il Partito Comunista guidato da Marco Rizzo ha incontrato due soggetti della sinistra extraparlamentare. Il primo è Potere al Popolo. Il secondo è il PCI (Partito Comunista Italiano, quasi omonimo ma non del tutto).

Da settimane Rizzo e il suo partito galoppano nei pochi sondaggi in cui sono quotati. Addirittura sulla sua pagina FB il Segretario generale ha salutato festosamente l’1.6% dei consensi («il doppio rispetto alle elezioni europee»).

Si sa, i sondaggi contano quello che contano, cioè niente. Specie a sinistra, partiti da sempre sovrastimati a causa di un maggior sbilanciamento tra militanti e simpatizzanti nella composizione dell’elettorato a “favore” dei primi (sempre pronti a rispondere alle telefonate di Masia e compagnia). Ma qualcosa si muove.

La crescita del PC di Rizzo è un fenomeno di lungo periodo che è iniziato con le elezioni del 2018. O meglio, il 4 marzo ha fotografato la buona partenza che il partito ha costruito nei mesi precedenti grazie a un continuo lavoro di radicamento sul territorio e nelle fasce giovanili (il FGC è una delle giovanili più attive sui social).

Chi scrive in passato ha ipotizzato che sia stato lo 0.3% delle politiche (0.6% in realtà, considerando che in metà circoscrizioni era assente) a determinare l’implosione di Potere al Popolo. Perché Rifondazione, da sempre dominus del comunismo subatomico, ha fiutato l’emorragia nell’elettorato tradizionalmente marxista. Ha temuto di perdere le leve di comando nel “calderone” PaP. E ha montato un cartello elettorale da coprotagonista con Fratoianni. Ma “La Sinistra” alle scorse europee non è arrivata nemmeno al 2%…

Ora che si stanno spaccando molte faglie (M5S, PD, LS) si nota un certo fermento nell’area della sinistra-sinistra. Ma non parliamo dei rottami vendoliani. Quale sarà la sorte di Fratoianni e compagnia è difficile dirlo (forse più semplice immaginarlo, leggendo dichiarazioni di appoggio alla coalizione di centrosinistra in Umbria). No: stiamo parlando di una seria riorganizzazione di quell’area “sovranista” dei partiti rossi.

Difficile parlare di partito unico dopo tanto “sangue”, corso tra le varie gocce radicali (come possiamo chiamarle correnti?). Ma un denominatore comune c’è, al di là della prospettiva filosofica che chiaramente non può essere tanto diversa nello spazio dell’1-2%. Ed è la parola «comunista». Presente nel simbolo di PC e PCI, e nel cuore (e nelle dichiarazioni) di Viola Carofalo (PaP).

Se questi contatti sono lo sbocco di un processo nato quando c’era paura delle elezioni anticipate, impossibile dirlo. Di certo i recenti eventi politici devono aver avuto un peso nel confermarne l’opportunità. Per ora ci sono solo stringati post su Facebook. Ma da partiti con una simile impostazione leninista, con simili critiche dell’UE e della NATO, e tutto sommato una certa apertura sui temi dei diritti civili, ci si dovrebbe aspettare qualche segnale positivo verso l’unità.

Un elettorato radicale in Italia è sempre esistito. In questo momento esistono flussi ingenti di elettori antisistema delusi dai 5Stelle e da molti altri partiti. Ma come attrarli in un’opzione politica che, diciamolo francamente, sa un po’ di vecchio?

Ci vorrebbe una chiara riverniciata. Ma non un tradimento dei valori ai quali i militanti si sono dedicati in questi mesi. Tutti e tre i progetti nascono sul presupposto che non si rinnega la falce e il martello. E hanno riscosso un successo impensabile (Rizzo soprattutto) nel mietere certi risultati elettorali e (soprattutto) organizzativi. Se si sapesse convertire il loro linguaggio in quello del Terzo Millennio, la loro macchina da guerra potrebbe puntare allo sbarramento.

Se servisse un’élite culturale e politica per pilotare l’eventuale polo rosso sovranista verso lidi più attrattivi dello zero virgola, forse potrebbe pure arrivare un aiuto inaspettato. Fassina ha messo in piedi Patria e Costituzione, in collaborazione con Senso comune. Un movimento politico che rivendica d’essere sovranista di sinistra. Popolato da molte menti brillanti e controcorrente. Deluso dal centrosinistra, emigrerà (potrà emigrare?) verso questa opzione più radicale?

Se non lo può lui, o non lo farà lui, ricordiamoci che ha già prodotto una scissione più radicale e più intransigente. “Nuova Direzione”, nella quale spicca Thomas Fazi, una delle voci più ascoltate in Italia del fronte no-euro.

Siamo alla fantapolitica, ma non nel mondo dei sogni. “Chi si somiglia si piglia” dice un detto lucano, e in quegli ambienti la sensazione che sia arrivato il “adesso o mai più” per la fondazione di un’opzione molto radicale dai toni rosseggianti si fa sempre più forte. Difficile che riesca a fare grandi numeri. Ma Giorgia Meloni, non dimentichiamocelo, adesso veleggia attorno all’8%. I partiti nascono tutti piccoli, ma farli camminare non è impossibile.