domenico friolo
FOCOLARI LUCANI
Il calore, l’amicizia, il conforto,
confluivano prendevano forma,
nei gesti consueti e meticolosi
nel dare alla fiamma, alla brace,
ai ceppi arroventati la resa buona.
L’attizzafuoco, il soffiaturo, la paletta
divenivano come oggetti artistici
scolpivano i ceppi come una statua
in un tripudio di scintille scoppiettanti
mentre si ravvivata e la fiamma,
si espandeva il calore, lo si gustava.
Noi lucani amavamo il focolare,
per alimentarlo, scegliavamo la legna,
l’ordinavamo ai boscaioli, che già nel bosco
preparavano fascine con esperienza.
Il focolare richiedeva le giuste attenzioni:
serviva per cuocere tutto, scaldare acqua,
scaldare la casa, era luogo che univa.
Intorno ad esso, ognuno aveva il suo posto…
La panchetta di legno per i più piccini
sedie impagliate per i altri, e poi,
lo stravagante che usava sedersi
cavalcando la sedia in modo personale
come se questa fosse un equino,
con la spalliera rivolta al focolare,
su cui poggiava le braccia
e su queste, il mento o la guancia.
Gli adulti discutevano, ragionavano,
raccontavano, i bimbi giocavano.
Le donne belle e attente, pronte
nel porgere del vino e del calcio e quei taralli:
autentiche prelibatezze ben cotti in forno,
arricchiti dall’aroma di semi di anice
o di finocchio, buoni e molto croccanti.
E passava la sera, con noi al focolare
nel tramandarci storie, a volte esagerate,
nel mentre il gatto emetteva le fusa,
comodamente adagiato al cane.
Il focolare esprimeva la vita lucana
nelle povere, umili amate dimore di pietra.
COPERTINA Il-focolare-olio-su-tela-francese-81×60