Il salario minimo minimizza i salari. Già in calo (in termini reali). E a un livello tale da preannunciare un’epica battaglia sindacale. Con un sindacato senza le armi per combatterla. E il partito per propagandarla.
Questo il desolante quadro che deve sconcertare i vertici della CGIL. Da anni ormai i salari italiani (e non solo) sono stagnanti. Al punto da registrare una cospicua perdita del potere d’acquisto sul lungo periodo.
Da questa premessa un qualsiasi partito di sinistra dovrebbe combattere per alzare la quota salari sul PIL. Tradotto dall’economistese: aumentare i soldi italiani che vanno in busta paga. Che rispetto al totale sono molto calati. Aumentando invece la quota profitti (i guadagni dei grandi imprenditori).
Eppure partiti di sinistra in grado di combattere questa guerra non ce ne sono. A dire la verità, non esistono proprio partiti di sinistra. E nemmeno di centrosinistra (socialdemocratici). L’unico che vantava un collegamento con la CGIL era il PD. Ma adesso il sindacato di Landini è orfano del PD: Renzi – anche questo è opera sua – ha troncato i legami con la confederazione.
Logico che di fronte al salario minimo orario i sindacati alzino gli scudi. Un’ora di lavoro deve costare 9 euro: circa 1500 euro lordi al mese. Ancora poco, si dice a sinistra. Verissimo.
Ma il salario minimo orario è una misura in uso nei Paesi non sindacalizzati. Cioè in quei Paesi in cui non esistono i Contratti collettivi nazionali di lavoro. Cioè quei grandi accordi tra imprenditori e sindacati che fissano i livelli essenziali, validi per tutti e dovunque in Italia, delle condizioni dei lavoratori. Cioè: stipendio, indennità, retribuzioni integrative, previdenza, congedi, ferie, malattie, paternità e maternità, motivi per licenziare, trasferire e punire, ecc…
Noi che abbiamo il CCNL possiamo avere un salario minimo orario di 9€ all’ora? Possiamo, certamente. Qual è il prezzo? Che molte aziende escano dal CCNL. E i diritti dei lavoratori, complessivamente, scendano. Perché? Perché le aziende ci guadagnerebbero: invece di pagare pochi soldi in più (ma sobbarcandosi un alto costo accessorio con tutte quelle tutele ulteriori), preferirebbero disapplicare il CCNL e pagare il minimo (legale anziché sindacale). Tanto, chi le può più punire?
Osservano giustamente in molti che il problema si riverbera anche sugli imprenditori “onesti”: quelli che non riescono a sobbarcarsi il costo complessivo di un lavoratore a tempo pieno e lo assumono “in grigio”, part-time sul contratto ma intero nei fatti. Col risultato che l’imprenditore, vedendo aumentare il costo delle ore “in bianco”, le ridurrebbe. Ma siccome le tutele sono parametrate sulle ore di lavoro legale e non di certo su quelle di lavoro nero, riducendo le ore di lavoro legale (e aumentando quelle di lavoro sommerso) si ridurrebbero le tutele del lavoratore anche in quelle imprese che non escono da CCNL.
Landini e compagnia sanno benissimo che la sfida del sindacato e dei partiti dei lavoratori (se esistessero) nei prossimi vent’anni sarà invertire la tendenza. Difendere i salari. Aumentarli. E non certo aiutare i Governi di Confindustria a ridurli ancora di più. E sanno benissimo che la mentalità nella società è profondamente viziata. Viziata da trent’anni di retorica liberale (del tipo “Se sei povero è colpa tua”) e di messaggi impliciti di incentivo all’accattonaggio (il “Meglio un uovo oggi che una gallina domani” tipico dei tempi della cinghia stretta come ora).
Ma la CGIL non è all’altezza della sfida. E lo sa. Perché non ha più una coesione ideologica (un’ampia percentuale di iscritti vota Lega: e Landini è costretto a formidabili sgusciate ogni volta che gli domandano che ne pensa). Quindi non ha più la forza trascinante necessaria per trasformare la macchina organizzatrice degli scioperi in macchina elettorale.
Diventa sempre più necessario per la CGIL trovare (fondare?) un partito di riferimento. Perché se il PD non è allineato al sindacato (e sulle politiche economiche non lo è da almeno dieci anni) a chi può rivolgersi questa organizzazione? Chi può lottare in Parlamento ed eventualmente al Governo per gli interessi del sindacato rosso?
Non è quindi un caso che insistano da anni i sussurri su un partito fondato o guidato da Landini. Il Segretario generale ha di certo la stoffa del leader. Ha un profilo paragonabile (se non migliore) a quello degli anziani rivoluzionari amati dai giovani di tutto l’Occidente (Sanders, Corbyn, Melenchon). Ma sa bene i limiti elettorali della sua macchina.
E però qualcosa dovrà succedere. Il sindacato sa che se le condizioni materiali dei lavoratori non migliorano, perderà molti colpi. E le condizioni dei lavoratori scenderanno ulteriormente. (Perché checché se ne dica, se in Italia i lavoratori hanno diritti lo è grazie ai sindacati). E comunque lo stesso sistema-Paese ha bisogno di una crescita della quota salari. Bisogna che prima o poi un’opzione politica che abbia questo tema a cuore nella propria strategia cresca e influisca nell’agenda politica nazionale.
Grande è la confusione sotto il cielo. Pronta a trasformarsi in disperazione quando si sente, in lontananza, qualcuno ciarlare di scioperi virtuali. Cioè di lavorare a gratis per protesta. Un Paese muore di fame, e qualcuno a Roma non è in grado di comprendere la portata di questa tragedia.
1 commento
I sindacati di cortile col governo renzie ,senza colpo ferire e in men che non si dica sole 4 ore di sciopero peloso e ipocrita ,hanno assistito allo smantellamento dei diritti sociali dello statuto dei lavoratori e la cancellazione dell’art.18 ,conquistati in anni di lotte accettando un Jobs act a schiavitù decrescente per compiacere i padroni di Confindustria. Oggi PD e CGIL protestano contro questo governo per i disastri che loro stessi hanno fatto adanno dei lavoratori privati , spaccando il sindacato in categorie senza diritti e altre ( FP e FLC ) privilegiate e garantite ( furbetti del cartellino e , assenteisti e abusi della legge 104 ..) E’ normale che oggi si oppongano a chi tenta di recuperare dignità , salario e diritti svenduti .!!