La grotta Sant’Angelo di Trecchina Uno scrigno di calcite colloidale La Grotta Sant’Angelo di Trecchina è una delle cavità naturali lucane più conosciute in ambiente speleologico ed escursionistico. Si apre sulla parete calcarea “mozzafiato” del Monte Messina che affaccia sulla Valle del Noce. Raggiungibile dopo una ascensione di circa un’ora che in alcuni punti, specialmente nella parte terminale del sentiero, è particolarmente impegnativa per la instabilità delle rocce su ci si cammina e per i passaggi in parete, alcune volte, molto stretti. Per questa ascensione è richiesta una buona preparazione escursionistica e naturalmente la visita alla grotta è riservata a soli speleologi o a persone accompagnate da speleologi. La cavità è conosciuta fin dall’antichità e molti sono state le ricerche che gli speleologi locali del Gruppo Geo Speleo Valle del Noce hanno effettuato sin dal lontano 1975 anno in cui coadiuvarono Franco Orofino nella rielaborazione del nuovo rilievo topografico. Tante leggende e racconti la descrivono dimora dei briganti negli anni in cui sanguinose battaglie seguirono l’unità d’Italia. Non risulta però che all’interno della cavità siano mai stati trovati oggetti risalenti a tale periodo che possano testimoniare l’utilizzo della stessa da singole persone o da gruppi di persone.
Probabilmente la grotta non è stata mai usata dall’uomo nemmeno nelLa preistoria e forse neanche nei secoli caratterizzati dalla presenza nella valle del noce di civiltà risalenti alla cultura della Magna Grecia. Si estende per circa 580 metri e, cosa scientificamente importantissima, vi è la presenza, in un cunicolo secondario, di depositi di calcite allo stato colloidale che qui si forma e rimane in questo stato solo perché ci sono particolari condizioni ambientali. Calcite, questa, che spostata in altri luoghi si polverizza. All’interno della cavità, a circa cento metri dall’ingresso, un primo pozzetto di due metri, e dopo questo, un secondo pozzo a campana di 8 metri è richiesto l’uso di attrezzatura da esplorazione verticale riservato ad esperti speleologi. Tante sono le concrezioni asportate dalla grotta nel tratto iniziale. Poi, dal pozzo in poi, grazie a questa barriera naturale gli ambienti che seguono sono rimasti protetti dagli scempi dei vandali. Alla base del pozzo anche un piccolo, ma piccolo laghetto che solamente in periodo invernale si accresce ma di poco. In molti hanno pensato di aprire la cavità al grande pubblico, al turismo ambientale. Gli speleologi da decenni si oppongono alla resa turistica sia per gli ambienti che in molti punti non consentirebbero la creazione di passaggi sicuri senza devastare l’ambiente sia per proteggere la calcite colloidale che potrebbe essere danneggiata dal flusso di persone che apporta variazioni al micloclima interno, al momento delicatissimo.
Più consono è riservare l’ingresso ai soli speleologi o escursionisti limitando comunque le visite. Fino a pochi anni fa un cancello proteggeva la cavità, purtroppo qualche vandalo ha provveduto ad asportarlo. Sarebbe auspicabile un nuovo intervento del comune di Trecchina a protezione di tale ambiente. Nella grotta è stata accertata la presenza di un particolare insetto: il Duvalius, molto raro a queste latitudini. Altri studi sono in corso da alcuni anni per la determinazione di altre specie di animali autoctoni in questa specifica grotta ed area del sud della Basilicata.
Gli speleologi del Gruppo Geo Speleo Valle del Noce in collaborazione con il Catasto Grotte ed Aree Carsiche della Basilicata hanno effettuato plurime ricerche in questo interessante geosito e sono interessanti i risultati ottenuti nello studio della idrogeologia carsica dell’intera area. Esiste un nutrito archivio fotografico della grotta che conserva anche foto storiche in bianco e nero. Al momento è la grotta più estesa delle 27 grotte di Trecchina.