La morfologia superficiale della zona altimetricamente più alta del Monte Coccovello è stata in quest’ultimo decennio oggetto di studio e di ricerca di geologi, geomorfologi e speleologi. La presenza di un numero così elevato di doline in pochi chilometri quadrati ha fatto gola a quanti hanno deciso di prendere in esame il carsismo del monte Coccovello. Fino allo scorso decennio erano in pochi a sapere di una così alta densità di doline, ma la divulgazione dei dati relativi al fenomeno, a cura degli speleologi Trecchinesi, ha fatto “scatenare” molti studiosi.Numerose battute di ricerca di nuove cavità sono state compiute dagli speleologi locali con l’ausilio di campi estivi e invernali. Il rilievo topografico delle doline è stato eseguito nei periodi estivi. In seguito, con l’ausilio delle foto aeree, messe a disposizione dalla Comunità Montana del Lagonegrese, è stata redatta la cartografia completa delle forme carsiche superficiali, rapportando il tutto alla geologia strutturale dell’area.
Nel periodo invernale, sfruttando la teoria della “respirazione delle grotte”, le battute sono state finalizzate alla ricerca di cavità. Infatti, d’inverno, l’aria del sottosuolo, più calda e più leggera, sale ed esce dalla parte superiore del massiccio, dove forma a volte un pennacchio di vapore. D’estate il senso dello spostamento s’inverte: l’aria del sottosuolo, più fredda e pesante, scende ed è rimpiazzata dall’aria esterna che penetra dall’alto provocando, nel sottosuolo, nebbie e condense.
Sfruttando questo fenomeno, nel periodo invernale, si va alla ricerca di grotte. Nel dicembre 1984, quando l’Italia era sotto una morsa di gelo, gli speleologi trecchinesi, incuranti dei due metri ed oltre di neve esistenti sulla cima del Coccovello, insieme a speleologi del CAI-UGET di Torino, con l’ausilio del fenomeno fisico appena descritto, hanno ritrovato ben 4 pennacchi di vapore. Era un ottimo segnale: si erano ritrovati i punti da cui l’intero complesso del Coccovello faceva defluire l’aria più calda. Con l’ausilio di rudimentali arnesi allargarono quei fori: erano di fronte ad inghiottitoi che, in quell’occasione, furono esplorati solamente in parte. Sono in corso proprio in questi giorni esplorazioni alla ricerca di eventuali prosecuzioni.
Inghiottitoio Coccovello 1 – B 146
COMURE: Rivello – Si tratta di un antico inghiottitoio intasato da riempimenti clastici, provenienti dall’esterno. Presenta numerose concrezioni. La profondità raggiunge i 15 metri con un solo pozzo. Alla base di questi alcuni cunicoli per ora intasati da numerosi clasti accumulatisi per frana. L’esplorazione è riservata agli speleologi.
Inghiottitoio Coccovello 2 – B 147
COMUNE: Rivello- L’inghiottitoio è un pozzo cascata che si apre sul fianco di una dolina di medie dimensioni. La corrente d’aria fuoriesce copiosa nei mesi invernali. La sua profondità attuale raggiunge i 18 metri. Il fondo, anche in questo caso, è intasato da detriti. L’esplorazione è riservata ad esperti speleologi.
Inghiottitoio Coccovello 3 – B 148
COMUNE: Rivello – Coccovello 3 è una cavità verticale posta ai margini di una dolina di piccole dimensioni. L’inghiottitoio è stato scoperto grazie alla forte corrente d’aria che da esso fuoriusciva. Si è instaurato lungo una frattura nei calcarei del Cretaceo. La sua profondità attuale è di circa 10 metri e, come gli altri inghiottitoi del Coccovello, chiude con un accumulo di detriti, mentre la corrente d’aria arriva da un cunicolo laterale. Anche se di piccole dimensioni e profondità l’esplorazione è per soli speleologi.
Inghiottitoio Coccovello 4 – B 149
COMUNE: Rivello – Sempre a morfologia verticale ma con una profondità di 9 metri complessivi. Anche qui sono presenti correnti d’aria. Il fondo è ricoperto da una coltre di detriti.