LEONARD COVELLO, AVIGLIANESE MISSIONARIO IN AMERICA

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di Giovanni Caserta

Si era nel 1897 quando Leonardo Coviello, lasciata Avigliano, raggiunse suo padre, emigr000ato in America anni prima. Con lui erano la madre analfabeta e due fratelli più piccoli. Aveva solo 10 anni, essendo nato ad Avigliano il 26 novembre 1887. La sua vita l’avrebbe raccontata a più riprese a Gennaro Claps, recentemente scomparso, aviglianese come lui, durante i suoi frequenti, pur se brevi, soggiorni in paese. Il padre abitava nel quartiere di East Harlem, chiamato anche Italian Harlem, stante la straordinaria presenza di italo-americani.

La vita era quanto mai difficile in quel ghetto di emarginati. italo-americani, guardati con sospetto e a distanza, quasi fossero tutti delinquenti, o potenzialmente tali. Leonardo Coviello cominciò a frequentare la scuola elementare, senza conoscere una parola d’inglese. Gli cambiarono il cognome in Covello; il nome fu Leonard. Il più del tempo, però, lo passava in strada, membro di una banda di ragazzi aviglianesi,che, come lui, erano pronti a venire alle mani per procurarsi qualcosa da mangiare.Avrebbe fatto certamente infelice fine, se non fosse intervenuta una donna, Miss Anna C. Ruddy, canadese, missionaria, protestante, forse metodista, che gli trovò un piccsinatraolo lavoro presso un panettiere, allontanandolo dalla strada. Aveva solo dodici anni.

Da Miss Ruddy, ma anche per costante esortazione del padre, Leonard fu convinto a prendere sul serio la scuola e l’inglese, necessario e indispensabile mezzo per affermarsi nella società americana. Ne derivò che tutto il resto della sua adolescenza e giovinezza fu per Leonard Covello una conquista graduale di successi scolastici. Superato infatti il corso della Morris High School, si iscrisse alla Columbia University, conseguendo la laurea in francese, che offriva più facili occasioni di lavoro. Infatti, dopo un soggiorno in Francia, fu docente di quella lingua. Contemporaneamente dava lezioni private di inglese. Quindi, nonostante il lavoro, nel tempo conseguì una laurea in sociologia didattica, una laurea in materie giuridiche, una laurea in filosofia e, infine, il dottorato in pedagogia didattica.

Si convinse che era possibile salvarsi. Quello che aveva conquistato per sé, pur fra tanti sacrifici, Era possibile per tutti. Rivolse tutta la sua attenzione agli abitanti della East Harlem, avviando una lenta ma efficace azione di recupero. Nel 1934 vi  fondò la multietnica Benjamin Franklin School, cui affiancò la Casa della Cultura e la Casa del Popolo.

the hearth of teacherNon era soltanto generosità e sentimento, anche se uno dei suoi due libri, a carattere autobiografico, ma di largo interesse pedagogico, si intitola Il maestro è il cuore (“The heart is the teacher). Voleva dire che cuore dell’insegnamento è il maestro, che deve metterci l’anima. Il che, però, non significava che, per lui, la pedagogia non fosse anche una scienza con regole e leggi, che vanno adattate all’ambiente e al ragazzo con cui si opera. Con largo intuito e anticipazione su quanto in Italia si sarebbe scoperto molto dopo, sapeva che l’educazione, è vero, si svolge nelle scuole, ma è fortemente condizionata dal contesto sociale da cui il ragazzo proviene e in cui vive. Premessa indispensabile per impostare una corretta opera educativa era, perciò, conoscere il bambino al momento del suo arrivo.

È notevole e veramente ragguardevole il fatto che Leonard Covello non esitò a fare, addirittura, frequenti viaggi in Italia, per conoscere il lontano mondo contadino meridionale, da cui i ragazzi italo-americani di East Harlem provenivano. Risultato di questa lunga e faticosa indagine fu il volume Il retroterra sociale di uno scolaro italo-americano (“The social backround of the Italo-Ameriican child”). Voleva dire che non si può fare vera educazione se non si inserisce la scuola persino nel retroterra culturale, che, anche a livello di subconscio, il bambino si porta dentro. Né bastava. Ciò fatto, bisognava che tutta la comunità fosse chiamata ad un impegno di cooperazione organica e costante con la scuola,  non escludendo un’azione educativa e di assistenza  rivolta agli stessi adulti e alle famiglie.

Obiettivo, insomma, era quello di avere una Scuola-comunità, in cui maestro, genitori e società tutta convergano sullo stesso fine della formazione del ragazzo. Solo a queste condizioni, ribadiva, si sarebbero salvate  individualità destinate, per ambiente, al fallimento morale e sociale.E si sarebbe salvata una intera comunità.Presso la scuola multietnica Benjamin Franklin School fu istituito, a tal fine, l’AdvisoryCouncil, in cui insegnanti, studenti, genitori, imprese e alte personalità, lavorando insieme e ottenendo il convinto appoggio del Sindaco italo-americano La lGuardia, predisposero un programma di sviluppo, in cui si prevedevano alloggi popolari, servizi igienico–sanitari, centri sociali ed educativi, campagne per il conseguimento della cittadinanza, scuole per adulti ed estive, e simili.  Non mancava nemmeno un corso di educazione interculturale, che, accogliendo studenti di più gruppi etnici, li avviava alla reciproca comprensione. Il successo fu tale che a Leonard Covello, qualche tempo dopo, fu assegnata anche la direzione della James Otis Junior High School. Fu con questo doppio incarico che andò in pensione, nel 1956.

Ma se andò in pensione da professore e da preside, non andò in pensione da uomo e da educatore.Furono gli anni dedicati a conferenze e incontri, non escluso un programma radiofonico. Aveva titolo: L’avvenirimagese della famiglia sta nella scuola. Nel concreto rivolse, questa volta, particolare attenzione ai portoricani, che a East Harlem stavano già prendendo il posto degli italo-americani. Si ebbe, perciò,il pubblico plauso di Portorico. Né mancarono altri riconoscimenti, come quello, il più elevato, concessogli dal Congress americano, che, in data 14 dicembre 1966, gli assegnava una medaglia d’oro su relazione di Robert Kennedy. Era la “Meritorius Service Medal” In anni successivi, Louis Clapes (Claps), sindaco della città di Stamford, di origini aviglianesi anche lui, fissò al 21 agosto il ”Leonard CovelloDay”!

Sta di fatto che la fama di Leonard Covello aveva ormai varcato i confini dell’America, al punto che Danilo Dolci, anima missionaria che si stava votando al riscatto della Sicilia nella terra di Partinico, lo chiamò per un progetto di casa per gli anziani, presso il Comune di Ispica, in provincia di Messina. Lì trasferitosi, Leonard Covello moriva a Messina ultranovantenne, il 20 agosto 1892.Quell’uomo che tanto si era dedicato agli altri, moriva solo, essendo rimasto due volte vedovo, senza figli. Nell’amico, allora, Gennaro Claps, maturò l’idea di un libro a lui dedicato, destinato, purtroppo, ad uscire postumo.

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