DOMENICO FRIOLO: “LO STRUSCIO”

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DOMENICO FRIOLO LA MIA TERRA TRA STILLE E STELLEUn groviglio fitto di alti palazzi si inerpica dal Basento verso la dorsale di un’alta collina, per riversarsi nel lato a spalla ed opposto tra avvallamenti e poggi. Tra tornanti e scale fisse e scale mobili simili ad una metropolitana, le più estese d’Europa. Potenza varia, Potenza caotica, Potenza brutta e bella, per questo affascinante. Non curata dai potentini, ma che l’amano da morirne. Potenza vecchia, Potenza nuova, ma per i potentini Potenza è sempre Potenza, con i suoi boschi, e i suoi spazi, con il suo commercio, con i suoi tanti uffici, le stazioni. Una città che ricordo in fermento, ma che oggi ha rallentato i suoi ritmi. In compenso il comprensorio si è avvicinato al capoluogo, gli si sono stretti intorno paesi come Tito, Pignola, Vaglio, Avigliano, uniti in un destino che sembra comune. I miei ricordi degli anni sessanta mi rimandano l’immagine di potentini che per andare a Via Pretoria si mettevano eleganti.

Oggi si direbbe il red carpet del capoluogo.di dei potentini, Ho il ricordo di gente ospitale,anche se timida, amante del buon cibo, legato alle tradizioni. La domenica le donne facevano gli straschnar, e i mariti si ritiravano , dopo lo “struscio” con il pacchetto di dolci in mano, pochi o molti che fossero, c’erano sempre. Non si è persa, mi dicono, l’abitudine per gran parte della famiglie di farsi in casa le provviste, il vino, i pomodori. Con tanto verde a disposizione, il pantano a due passi, i monti intorno,Potenza ha un potenziale turistico di tutto rispetto, una città dai due volti, dove l’antico e moderno convivono in una contrasto che a molti piace.  Amo questa città che mi ha adottato da bambino, e ne ho conservato il ricordo come i bambini conservano le loro cose belle. Mi ricordo i visi, le persone, i personaggi, per parlare dei quali mi ci vorrebbe una giornata:  da Ppnella Baron, Rocco Tulipano, ad  Antonio Larocca, da Pasquale il custode del Viviani, a Emilio Colombo, da Luciano Masiero, a Roberto Boninsegna, e a una dolce creatura conosciuta al casello di uno scalo ferroviario cittadino, che quando avevo cinque anni, mi offriva una fetta di pane con marmellata. Era il 1953 e l’unico bambino di una solitaria Via Angilla Vecchia ero io. Nessuna casa, se non una piccola trattoria alle porte dell’ospedale, e il mattatoio comunale. E le casupole di Brancati, dove per breve tempo ho abitato, per poi trasferirmi a San Rocco, palazzo dei pompieri, dove per amichetto, avevo Enzino Triani. Ammiro quelle persone che dicono che questa città merita di essere curata, che insistono a vederla bella con gli occhi del cuore ma anche con la lucidità e la conoscenza dei tanti piccoli tesori che nasconde, il primo tra i quali è via pretoria, la strada che ha fatto la storia della città e che di per sé è una cosa unica.

LO “STRUSCIO” PRETORIANO
di Domenico friolo

MI GIUNGE L’ECO
DEI GEMITI DELLE MIE RADICI
INFUSO DOLCE AMARO
RUFFIANO, INEBRIANTE
MISTERIOSO
CHE ARPIONANO LA NOSTALGIA
PER UNA CITTÀ DI PROVINCIA,
CON RECESSI D’AMORE
CRUDELI E DOLCI
AGGROVIGLIATI
A PAROLE CELATE
SU SENTIMENTI
RIFLESSI NELL’ANIMA
VAGO MIRAGGIO VETUSTO
AD INVOCARE L’ETÀ
DEI GIORNI SOGNANTI
VISSUTI IN QUEL TRATTO
DI LUCANIA PRETORIANA,
IN UN ANDIRIVIENI LIETO
A DISEGNARE LE SERE
TRA MIRIADI LUCI E INSEGNE,
IN UN GAIO SOBRIO MORMORIO:
PARVENZA D’ELITE SERALE
DOVE DONNE IMPETTITE,
IMPELLETTATE ED ELEGANTI
MUOVEVANO IL PASSO,
OFFRENDO SPETTACOLO,
ALTA MODA E GRAZIA FEMMINILE
NEL FIERO “STRUSCÌO” SERALE
DI UNA DOLCE UNICA
BELLA E RUFFIANA POTENZA
TRA INCHINI RIVERENTI
E BORSALINI SOLLEVARSI
E QUELLA GENTILE FRASE,
TIPICA CORTESIA DEL MERIDIONE:
” LE POSSO OFFRIRE UN CAFFÈ ? “

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