Alexis Tsipras ha perso le elezioni greche. La Grecia svolta a destra e cassa il governo dell’austerità. Ma se Tsipras non è un santo, non è nemmeno un traditore.
Attorno al caso greco si agitano due falsità contrapposte. Secondo la prima, Tsipras ha salvato la Grecia. Secondo l’altra, Tsipras è un traditore che l’ha svenduta.
Le cose non stanno proprio così. Tsipras è stato vittima di un’Europa sprezzante per la democrazia. Joseph Stiglitz, nel suo “L’Euro”, osservava con sconcerto che i leader europei sembravano indifferenti alle larghe sofferenze imposte ai popoli, perché “se lo meritavano” per via dei conti pubblici.
Quando la Grecia respinge il memorandum, a Bruxelles nessuno batte ciglio. L’Unione europea, questa casa democratica che dovrebbe preparare il futuro dell’Europa, costringe Tsipras a ignorare il voto popolare e seguire i dettami (sanguinosi) dell’austerity.
In quei mesi Tsipras decide di ammorbidire la sua linea, togliendo Yanis Varoufakis (che a onor del vero si dimette da solo) dalla stanza dei bottoni. Dal tavolo delle trattative sparisce la pericolosa ma importante carta della Grexit.
Da quel momento in poi il Governo di Syriza si opporrà comunque alle direttive che arrivano da Bruxelles. E più volte sfiderà la Commissione Juncker, pretendendo un’attenzione maggiore alle riforme sociali. Riuscendo anche a portare a casa alcuni risultati.
E senza mai avere sponda da nessuna parte. Né François Hollande, né Matteo Renzi, hanno mai dato al collega greco il sostegno che ci si aspetterebbe da leader socialisti (sic!) di Paesi mediterranei. Anzi, addirittura il nostro premier remò contro l’esecutivo di Syriza (erano gli anni della flessibilità, del “la prossima è l’Italia” e dei gufi di sinistra, la stessa sinistra di Tsipras).
Isolato, schiacciato dal debito pubblico, privo della pur impervia via d’uscita della Grexit, impaurito da attacchi finanziari, Tsipras è stato costretto dalle circostanze a farsi autore di riforme di austerità. Sempre cercando di dare loro un volto più umano. Ma pur sempre misure liberiste sono.
I loro effetti sono disastrosi. Gli enti internazionali li hanno fotografati senza pietà. La copertura sanitaria dei cittadini è drasticamente scesa. La mortalità infantile impennata. Il patrimonio pubblico è stato svenduto, il PIL è crollato, i salari con esso. La stessa autonomia nazionale è deteriorata, attraverso l’imposizione di altre basi militari straniere sul territorio greco.
Alcuni dossier hanno chiamato “crimini contro l’umanità” le misure che sono state imposte alla Grecia. La pressione mediatica ha addirittura spinto i vertici europei a chiedere scusa (e basta, senza null’altro a titolo di riparazione, senza alcun vero cambio di rotta politica).
A poco sono valsi tutti i grandi successi che Tsipras ha rivendicato negli ultimi tempi. I vertici dell’Europa meridionale sono barzellette (il blocco del Sud non è che non tiene, non esiste proprio). La cravatta, finalmente indossata sostenendo di aver salvato il Paese (frase che si ripete ossessivamente in giro per l’Europa), è stata percepita come barzelletta anche questa. E del trattato con la Macedonia l’opinione pubblica greca non sa bene che farsene.
Il popolo greco aveva assegnato a Tsipras una missione rivoluzionaria perché era allo stremo. In questi quattro anni, in buona fede e costretto dalle circostanze, il Primo ministro ha potuto solo arginare le conseguenze più gravi delle misure liberiste imposte da Bruxelles.
In questi quattro anni queste misure sono state tradotte in legge dal Governo greco. E il popolo greco, ridotto ad abitare il Terzo mondo d’Europa, non poteva appoggiare chi negli ultimi anni ha deteriorato le proprie condizioni materiali.
Tsipras perde le elezioni onorevolmente. Non è vero che ha salvato la Grecia: l’austerità si conferma un fattore distruttivo. Ma non l’ha tradita, perché è stato costretto da Bruxelles.
L’unica pecca che si può addebitare davvero a Tsipras è la mancanza di coraggio che l’ha spinto a togliere la Grexit dal tavolo. Una carta inquietante, ma l’unica che la Grecia aveva per negoziare. E tuttavia in quel momento, isolato com’era il Paese, deve essergli parsa l’unica scelta giusta da fare.
Quando lo storico leggerà queste pagine della Storia greca ed europea, non potrà non provare simpatia e commiserazione per Alexis Tsipras: il rivoluzionario sbranato dagli eventi.