Il 18 giugno 2022 si inaugurerà la mostra È per sempre di Mara Fabbro e Alberto Pasqual, con la curatela di Alessandra Santin, nel Museo Archeologico Nazionale Massimo Pallottino, all’interno del Castello Federiciano di Melfi . La Direzione regionale Musei della Basilicata, diretta dall’arch. Annamaria Mauro, ha accolto con entusiasmo questa esposizione ritenendo il connubio tra il museo archeologico e l’arte contemporanea estremamente positivo e coinvolgente per le comunità di patrimonio e per gli Amici del Museo.
Si tratta della quarta edizione di È per sempre, esposizione promossa da Theke e dalla Fondazione Giovanni Santin è corredata da un catalogo edito da Punto Marte editore.
La mostra sarà visitabile fino al 30 ottobre 2022, nelle scuderie e nell’atrio del Castello federiciano a Melfi, in alcune sale del Museo archeologico nazionale “Massimo Pallottino”. Gli artisti progetteranno una serie di opere site specific ispirate ai due preziosi sarcofagi di Atella e Rapolla, nella consapevolezza che il titolo emblematico della mostra È per sempre, in questo contesto apra anche alle categorie del Tempo storico, documentate dai reperti archeologici di valore, presenti nel Museo. Alcuni capolavori, più di altri, sono rappresentativi della “durata” cui fanno riferimento le ricerche di Mara Fabbro e Alberto Pasqual. L’uso di materie e tecniche originali: la grafica su carte preziose; la fusione del polimetacrilato e del ferro, i fili d’erba giganteschi di Eterotopia di Pasqual condurranno oltre la soglia del Tempo e dello Spazio. L’uso delle luci a led e le straordinarie composizioni di resine a mosaico, sospese nelle trasparenze dei polietileni, renderanno la visione contemporanea delle opere antiche, in dialogo con la ricerca odierna di Mara Fabbro, un’esperienza coinvolgente, emotivamente, concettualmente ed esteticamente stimolante.
È per sempre interpella la categoria del Tempo e in particolare quella della durata, che ha valore positivo e necessario in ambito culturale, ma che diventa negativo nel caso delle plastiche, materie poco costose, malleabili ed esteticamente pregevoli e utilissime, che però diventano pericolose proprio perché indeperibili, dannose nel momento in cui vengono disperse nell’ambiente.
La stessa immagine utilizzata per rappresentare visivamente la Mostra, l’iconica mano che indossa l’anello “prezioso”, in plastica trasparente, suggella l’unione Uomo/plastica/ambiente, testimoniando l’urgenza di pensare oggi ad un futuro diverso, in cui lo stile di vita sia attento alla Cultura, al Presente e al Futuro, e quindi anche alle problematiche ambientali.
È per sempre, riporta l’arte del presente alle potenzialità concettuali più alte. Coinvolgendo il visitatore le opere si prestano a letture diversificate grazie alle trasparenze e alla leggerezza delle plastiche; alla morbidezza di carte preziose; alle resine e ai policarbonati; agli acciai corten e al ferro fuso, che comunicano poeticamente tanto la bellezza formale, quanto i contenuti e le esperienze che rendono l’arte, e quindi la Cultura, motore di crescita e di benessere
La “durata” e il “per sempre” accolgono il Tempo fluido della nostra società indirizzandolo verso un domani in cui va ripristinata l’armonia e il ritmo di un respiro collettivo e sociale. L’uomo, infatti, non si salva mai da solo, ma condividendo opere, percorsi e processi culturali comuni, e fondando le proprie radici in un passato che protegge e testimonia la Storia, crea opere che vivono nella luce dell’oggi.
Proprio per questo gli edifici storici rappresentano il luogo ideale in cui esporre la Mostra È per sempre. Infatti, per entrambi gli artisti, Mara Fabbro e Alberto Pasqual, il Tempo conserva e non dimentica, lo fa nell’intero arco della sua durata, a partire dal passato che è la fonte indispensabile cui attingere per vivere consapevolmente e per progettare anche artisticamente un futuro vitale.
MARA FABBRO
Mara Fabbro, in linea con un indirizzo operativo proprio dell’arte contemporanea post-concettuale, utilizza la rivisitazione di opere d’arte realizzate in passato, la citazione di elementi presenti in antiche carte geografiche o nelle immagini del pianeta terra, osservato dalle basi spaziali.
L’artista prende in prestito linee e forme già codificate e rende loro omaggio riportandole all’interno delle sue ricerche. I “prelevamenti”, i frammenti “dislocati” si caricano di contenuti e intenzioni nuove, a volte molto distanti dal senso delle origini. L’artista percorre il confine tra il Presente e il Passato e accoglie un universo infinito che sovverte il mondo.
Il Tempo andato in queste opere è leggero ed etereo: è presente nell’assenza che è subito un ricordo; è presente nel vuoto delle trasparenze dei policarbonati che annullano il superfluo per accogliere bassorilievi, rive dei mari, foci e piane, città e canali sotterranei, perfino le impronte allineate di animali e persone. Ciò che è stato è nei cieli sgombri di nubi, nella leggerezza delle luci al led che segnano i contorni del quasi nulla, accogliendo l’enigma dell’ignoto, l’importanza della Storia, la viabilità labirintica e intricata delle grandi metropoli in cui abita, disorientato, l’uomo contemporaneo.
Il Presente si incarna nei pixel in resina. Numerose e ravvicinate o rade e solitarie, queste tessere formano le nuove vedute dell’oggi che si affaccia su un futuro a mosaico, dove ogni singolo elemento diviene parte del tutto, in un luogo sempre in movimento che si trasmuta in una vita da vivere, in un nuovo viaggio da intraprendere.
ALBERTO PASQUAL
La proposta dell’artista attinge come fonte ispirativa al Situazionismo concettuale, per il quale la realtà si modifica e si rinnova grazie alla presenza di interventi site specific. Le sue sculture in acciaio e in plexiglass, poste all’interno di uno spazio storico, realizzano varchi e segnano limiti che sospendono i rapporti consueti con la realtà.
La soglia è costituita da fili d’erba sovradimensionati che permettono di superare la prospettiva unica per riconoscere l’importanza di una nuova spazialità, fluida e complessa, in cui percepire l’essenza del Presente. Le maestose lame di metallo che si intrecciano nell’aria o la lunga barra orizzontale che segna il suolo nel limite, dialogano con il contesto modificando il valore del Tempo nello Spazio. Alberto Pasqual accoglie la leggerezza del ferro e il peso insostenibile del vuoto e dell’altrove, perché dentro l’arte si sente come dentro la circolarità della vita. Egli sintetizza questo concetto nello straordinario uso della forma tonda, nello scudo che rappresenta una delle sue cifre stilistiche più note. In esso compare la fusione e la colatura, l’attraversamento e lo squarcio del disco, i rilievi e le trasparenze, i neri delle polveri depositate e le vibrazioni al passaggio della luce. L’artista avverte l’esigenza di difendere la dignità umana e accoglie nei tondi il fuoco, la lotta e anche la ferita. Lo scudo è confine ma non è un limite; è dialogo necessario per interpretare la complessità della Storia, anche di quella contemporanea.
Avvalendosi della collaborazione della prestigiosa Stamperia Albicocco (che opera con Kounellis, Pignatelli, Nunzio, …) Alberto Pasqual porta in mostra incisioni al carborundum su carta hahnemule. Qui è il gesto ad esprimersi nella sua potenza.
La composizione nello spazio libero è informale. L’essenzialità s’impone come categoria critica: sottratta la materia non è il vuoto ad accogliere lo sguardo ma l’energia del movimento vitale.