VINCENZO PETROCELLI
Tutto il territorio italiano è dichiarato dal 1996, “disponibile in maniera permanente alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi”(1) (L. 625/1996, art.3, comma 1), in barba alle energie rinnovabili, alle emissioni di CO2, alle decisioni da prendere consultando il paese, allo sviluppo sostenibile.
La Basilicata è la prima regione italiana per numero di permessi di ricerca e concessioni di coltivazione di idrocarburi e 702.536 ettari del territorio lucano, pari al 70,3% dell’intera regione, interessata dalle attività di esplorazione e coltivazione di idrocarburi.
Qualsiasi somma risarcitoria, le royalties, che le società petrolifere pagano, sono sempre e comunque briciole rispetto al danno enorme arrecato al territorio della regione Basilicata e, rispetto alle condizioni ‘regali’, con cui sono rilasciati i permessi.
Sulla questione petrolio si debbono porre con chiarezza dei limiti precisi. E’ necessario fermare uno sviluppo che oggi appare sempre più distorto.
La Basilicata non sarà salvata da nessuno, se non da se stessa.
Attenti al cane titolava “Il Manifesto” del 14 aprile 1998. In Basilicata c’é il più grande giacimento petrolifero italiano, vale 35.000 miliardi. Ma l’ENI minaccia di sospendere le estrazioni perché la Regione chiede il 10% della ricchezza prodotta: da usare per limitare i danni ambientali e creare lavoro. Quindi l’ENI minacciava, in quel periodo, di sospendere le trivellazioni tanto da far scrivere sempre al “Il Manifesto”: ricatto al petrolio del cane a sei zampe.
La decisione dell’ENI di fermare le nuove trivellazioni e di sospendere alcuni contratti di servizio con imprese subappaltatrici, e il conseguente licenziamento di alcuni operai della Val d’Agri, rappresentava solamente un brutto segnale lanciato alla Regione Basilicata “colpevole” di chiedere contropartite considerate eccessive. In questo ricatto è presente tutto il disappunto dell’ENI per l’ingratitudine dei poteri regionali rispetto al “bene” che le compagnie petrolifere elargivano ai territori e alle genti lucane.
In effetti, il presidente della Giunta Regionale pro tempore, Raffaele Di Nardo, mandava a dire che la Basilicata non avrebbe accettato alcun ricatto e non si sarebbe piegata alle pretese coloniali dei petrolieri, fino a ricordare che i lucani “non sono stati sottomessi neanche dai romani” della Roma imperiale.
Un contrasto economico in piena regola. Siamo sicuramente in un conflitto moderno che si lasciava alle spalle la stucchevole metafora sulla trasformazione di una terra dolorosa in un Texas italiano. Il conflitto è racchiuso in tra chi vuole trapanare un’intera regione per farne un grande giacimento petrolifero, tra i primi dieci al mondo, e chi rivendicava un diritto patrimoniale sulle proprie risorse territoriali, non accontentandosi delle briciole che le compagnie petrolifere sono disposte a lasciare. La royalty è un minuscolo risarcimento, una provvigione, una mancia, mentre si discute in quel periodo di un grande e articolato contratto di ridistribuzione e sviluppo, da far applicare e gestire da un’apposita società mista, composta dagli enti locali interessati e dalle compagnie stesse.
Qui sta il contrasto. La Basilicata rifiuta la modalità che tradizionalmente si applica in casi di questo genere, normalmente in paesi dove i poteri locali sono deboli o corrotti, modalità che, pur con qualche correzione, l’ENI e le altre compagnie petrolifere impegnate nei pozzi lucani vorrebbero riproporre. Sostiene invece, un rapporto nuovo, un patto collettivo che consente sì, lo sfruttamento delle risorse naturali della regione, ma crei nello stesso tempo la possibilità di lasciare sui territori alcuni benefici economici. In quel periodo storico, in Basilicata, si sviluppava un conflitto dai contenuti inediti, mentre nei ministeri appositi, si sono continuate a rilasciare concessioni per l’apertura dei pozzi.
In terra lucana continua la difesa di un proprio diritto.
Il costante impegno e la forte volontà della Regione nei confronti dell’ENI, nel realizzare quanto previsto dal Protocollo d’intenti ENI-Regione Basilicata, firmato il 18 novembre 1998, per la realizzazione di una serie di impegni per la tutela e la valorizzazione ambientale dell’area della Val d’Agri, permette con la firma dell’accordo attuativo la creazione dell’Osservatorio Ambientale. L’accordo è stato sottoscritto dal Presidente della Regione Basilicata e da Andrea Forzoni, responsabile Italia e Croazia della Divisione Exploration & Production di ENI. La realizzazione dell’Osservatorio Ambientale, per il quale ENI metteva a disposizione per 15 anni una sede perfettamente funzionante ed operativa, doveva fornire il supporto logistico e doveva permettere, raccogliendo dati ed informazioni, una sempre più puntuale verifica del rispetto dei vincoli ambientali per le attività petrolifere. Grazie anche agli studi effettuati da ENI sulla salvaguardia ambientale della Val d’Agri, che sarebbero dovuto essere messi a disposizione dell’intero territorio regionale e nazionale, l’Osservatorio Ambientale, doveva diventare un centro di studio per l’approfondimento di molteplici temi per la tutela della biodiversità, dell’ambiente e della qualità della vita nell’area interessata dalle attività petrolifere. Sempre grazie all’utilizzo di attrezzature e mezzi di trasporto messi a disposizione da ENI, doveva essere possibile agevolare sopralluoghi e ricognizioni nelle aree d’interesse sia per il rilevamento dei dati scientifici, sia per le attività di monitoraggio dell’Osservatorio. S’intendeva così costituire una nuova tappa di quel percorso di dialogo e trasparenza attraverso il quale la Regione e l’ENI intendevano promuovere uno sviluppo sostenibile delle attività petrolifere nella Val d’Agri. L’Osservatorio ha sede a Marsiconuovo, già centro di ricerche, così come deciso dal Comitato di Coordinamento dei sindaci e dei presidente della Comunità Montana della Val d’Agri.
Peccato! L’OAVDA (l’Osservatorio Ambientale della Val d’Agri!) mette a disposizione solamente la sala convegni, per uso temporaneo ad associazioni e organizzazioni, per la capienza di circa settanta persone e non rende disponibile i dati sull’Osservatorio Ambientale: Monitoraggio della qualità dell’aria in Val d’Agri e Monitoraggio del rumore in Val d’Agri che sono pagine vuote, cioè prive di dati. Gli assessori regionali all’ambiente, quelli precedenti e l’attuale, hanno mai provato a leggere i dati da internet!
Mario Sechi, direttore di Orizzonti, periodico al soldo di ENI, anziché parlare di ‘aria fritta’ si interessi della V d’Agri dove sono concentrati tantissimi interessi ENI. Per una volta vorremo che la penna raffinata di Mario Sechi si interessasse delle notizie, vere, che riguardano il domani della Basilicata.
L’ENI in Val d’Agri e in Basilicata ha distribuito le briciole, mentre in Italia e non solo, ha ingrassato gli azionisti.
(1) Cfr Conferenza OMC – Ravenna, 2 Aprile 2004