TANTO TUONÒ CHE PIOVVE

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DI GIAMPIERO D’ECCLESIIS 

Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? Quam diu etiam furor iste tuus nos eludet? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia?

Fino a che punto abuserai, o Catilina, della nostra pazienza? Quanto a lungo questo tuo furore si prenderà gioco di noi? Fino a che punto arriverà la sfrontatezza sfrenata?

Un incipit migliore di quello del grande, immortale, Cicerone proprio non mi viene in mente ragionando degli ultimi accadimenti relativi alla terribile storia del “Caso Claps” a Potenza.

Così come sarebbe perfetto, permutando protagonisti e situazioni, anche il seguito del famosissimo incipit della nota orazione.

Cosa è successo?

Come dice il mio titolo è successo che “tanto tuonò che piovve”, l’incomprensibile, ostinata, volontà di prevaricare un sentimento (oltre che una famiglia), di rifiutarsi di dare conto delle azioni e delle omissioni di questi anni, la proterva convinzione di intoccabilità, hanno portato la curia potentina e i suoi supporters cittadini (quelli palesi e i tanti, tantissimi occulti) a versare la classica goccia che fa traboccare il vaso.

Non bastava la vigliacca decisione di riaprire la Chiesa della Trinità alla chetichella, non la vergognosa decisione di apporre in quella stessa Chiesa che ha visto il martirio di una giovane donna la lapide commemorativa di un uomo su cui pesano pesantissimi sospetti di omissioni e/o complicità con l’assassino. Alla Curia potentina e agli integralisti cattolici che sia pure timidamente hanno cominciato a riaffacciare il capo e a sussurrare parole di sostegno, non basta.

Tutta l’azione della Curia Potentina sembra essere stata condotta anche a dispetto delle parole del Papa– sempre che, consentitemi questa riflessione da agnostico convinto, esse fossero parole sincere e non di circostanza, sempre che quel suggerimento alla moderazione non fosse una di quelle formule “gesuitiche” fatte per dire senza dire, lasciando agli esecutori le mani libere e conservandosi la possibilità di cavarsi d’impiccio nel caso di difficoltà.

Una incredibile serie di ingenuità comunicative, una grossolana sottovalutazione della congiuntura e, diciamolo pure, un disprezzo totale della concordia nella comunità, ha portato al conflitto palese di questi giorni tra Clero e cittadini che ha esitato la “clamorosa” contestazione al Vescovo e ai sacerdoti di domenica mattina.

C’era da attenderselo non vi pare? Il combinato disposto dell’effetto della pubblicazione dell’ottimo podcast di Trincia e della messa in onda della fiction che ripercorre la storia di Elisa, con il conseguente seguito di reazioni e controreazioni social, hanno fatto montare la legittima aspettativa di un gesto di cesura, rispetto al passato, da parte della Curia e del vescovo; gesto che non c’è stato, potendosi giudicare le azioni messe in atto fino ad oggi, dalla scoperta del corpo della povera Elisa, tutte in perfetta continuità con l’atteggiamento del defunto parroco Sabia che, nella migliore delle ipotesi, può essere definito di indifferenza e nelle peggiori in un range che va dall’omissione alla complicità.

Personalmente a me vengono in mente due domande, la prima è come mai a distanza di tanti anni la risposta della popolazione potentina è così veemente da arrivare, ha ragione Dino De Angelis che lo evidenzia, a sfidare apertamente uno dei due poteri forti della città, la Chiesa?

La seconda domanda è relativa all’atteggiamento che continuano a tenere la Curia e il Vescovo di Potenza, perché? Come mai? Non sarebbe stato più semplice, senza buttare nel cestino la memoria del sacerdote scomparso, ammettere che ci sono stati errori, sottovalutazioni, magari cristianamente farsi carico dei peccati altrui, abbracciare la famiglia Claps, avviando un percorso di riconciliazione con il suo giusto tempo? Non c’erano suorine di clausura da dedicare alla cura della Chiesa della Trinità da lasciare aperta come luogo di silenzio, meditazione e ricordo, seguendo le indicazioni del Papa? Era proprio così necessaria quella lapide commemorativa per il vecchio parroco? A quale criterio, a quale desiderio, a quale istanza essa risponde?

Proverò a dire un mio pensiero sul primo e sul secondo quesito.

La risposta della città potrebbe banalmente, semplicisticamente, attribuirsi all’effetto amplificatore della comunicazione social, ma non è così. Questo credo che abbiano pensato tra le mura dell’arcidiocesi e questo probabilmente avrei pensato anche io se, su me stesso, non avessi sperimentato un effetto che vi racconterò e che potrebbe spiegare alcune delle reazioni.

Nel 1993, anno in cui si verificarono i fatti, io non ero a Potenza, risiedevo a Bari e già da 10 anni ormai, contando anche l’università fatta a Napoli, non avevo più stabilmente un vissuto potentino.

I fatti, le situazioni, mi arrivarono all’epoca essenzialmente da fonti televisive e giornalistiche e, in via minoritaria, da voci e racconti che mi vennero fatti direttamente a Potenza. Una ridda di voci, di storie, di situazioni, di pettegolezzi mescolati a verità che, alla fine, avevano composto in me un mosaico non lontano da ciò che ad oggi sembra essere il quadro sia pure indebolito dalle modalità con cui esso si era andato costruendo nel tempo.

Il dubbio, la mancanza di fonti credibili o di citazioni credibili faceva si che, pur percependo una realtà disgustosa e repellente, dentro di me una vocina continuasse a sussurrare – si vabbè ma non è possibile che tutto questo sia accaduto! Certamente ci saranno illazioni, dicerie…-

Ecco, il merito del podcast di Trincia, molto di più di quello della fiction (a mio parere), è stato quello di dare una ricostruzione sistematica che ha incasellato correttamente i fatti accertati, distinguendo le cose accadute e riscontrate, dalle cose accadute prive di riscontro, i sospetti, dalle cose provate e fornendo, finalmente, un quadro complessivo di tutta la vicenda che, almeno io, ma come me credo molti, non avevo chiarissimo.

L’effetto di questa presa di coscienza è stato fortissimo atteso che, tutti quei “si dice” tutte quei “pare che…” che indebolivano la mia reazione, sono diventati delle certezze e, improvvisamente, nella mia testa ha risuonato un “Ma fino a questo punto! Incredibile!” che è stato l’anticamera di una indignazione profonda.

Vedete, una storia come quella di Elisa, così giocata tra le dinamiche familistiche di una provincia come la nostra, non poteva che essere depotenziata agli occhi di molti dalla modalità della narrazione attraverso i “si dice”. Si sa come sono i provinciali –Chi Tizio? Dice così perché la sorella è imparentato con Caio che è fidanzato con la sorella di Sempronio– oppure chi, la Chiesa della Trinità? Ma lì ci va sempre a messa Don Coso, quello è potente ha contatti a Roma e in Vaticano.

E così via di seguito in una sequenza di “filame”, come le chiamava Camilleri, che propagano veleno ma al tempo stesso diluiscono la forza della verità.

Il Podcast di Trincia ha messo knock out le dicerie e fotografato lo stato reale delle conoscenze e la fiction ha rinfocolato le emozioni, un uno due formidabile per chi sperava nella damnatio memoriae.

Perché la Curia si è avventurata in questa triste gestione della riapertura della Chiesa della Trinità?

Certamente c’è stata una sottovalutazione degli effetti dei media sulla pubblica opinione connessa ad una arrogante convinzione di impunità, c’è stata certamente la pressione di certi ambienti borghesi cittadini, conservatori e radicali – non è casuale che i tanti politici del centro storico, così prodighi di indignazione e lamentele per le cacche dei cani e gli schiamazzi del sabato sera, siano silenziosi e defilati sull’argomento- ma non solo.

Non dimentichiamoci l’arco temporale in cui la vicenda si è sviluppata e le ipotetiche, possibili, responsabilità morali -lasciamo da parte quelle penali per le quali c’è la magistratura quando riesce ad essere efficiente e leale a suoi doveri.

L’arco temporale copre l’azione di tre vescovi, tre uomini che hanno costruito, modellato la curia e l’arcidiocesi secondo le proprie visioni, la cui azione pare assai difficile possa essere messa in discussione proprio da quella Chiesa che essi stessi hanno costruito, diretto e modellato.

Chiedere scusa, cedere alle pressioni dei potentini -tra cui ci sono tanti fedeli, anche se evidentemente non di serie A- sarebbe uno sconfessare questi tre uomini e l’azione dell’arcidiocesi, sarebbe il crollo di un intero sistema con, ovviamente, tutte le ripercussioni del caso atteso che, attraverso l’arcidiocesi si pascolano anime, ma non solo.

Che succederà?

Dipende molto da quanto la pubblica opinione sarà ferma, certamente l’episodio di domenica è stato un segnale forte, ma state certi che molti, moltissimi, cercheranno di diluirlo, cominciando dalle contestazioni –i vergogna, gli sputi-, cercheranno di trasformare in vittime i protagonisti di questa vicenda (il comunicato della Curia è già chiaramente questo), e molti cercheranno di sfruttare la cosa, chi blandendo le ragioni della Curia chi giocando a fare il Masaniello per incendiare la piazza.

Che peccato, una occasione sprecata per ricongiungere una comunità spaccata. Gli unici responsabili di questa spaccatura risiedono nel palazzo del vescovado e in qualche appartamento del centro, ora per intorbidire le acque, strilleranno come aquile denunciando l’intolleranza.

A me la sensazione che resta nel cuore, al netto della solidarietà per la famiglia Claps nel suo complesso, è l’empatia fortissima che provo per il dolore del padre di Elisa (sono padre anche io), sono certo che, come lui, mi sarei strutto dal dolore fino a consumarmi col rimpianto di essermi lasciato convincere a posare la pistola e a confidare nella giustizia.

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Sull' Autore

Giampiero D'Ecclesiis (Miles Algo) è un geologo. Forse anche per questo riesce ad amare la profondità dei luoghi e della terra. Poeta e scrittore pubblica i suoi racconti e le sue poesie in anteprima sulla pagina Facebook e sul suo blog. Nel 2008 presenta un libro di sue poesie dal titolo “Fantasmi Riflessi” cui segue, nel 2009, il suo primo lavoro narrativo “Vota Antonio, Viaggio semiserio in una campagna elettorale del 2009” (Arduino Sacco Editore). Nel 2012 per la collana “Scritture in metamorfosi” curata dall’Associazione culturale LucaniArt, pubblica una silloge di poesie dal titolo “Graffi nell’anima”. Con il suo racconto “150° Unità d’Italia – 20 luglio 1915, Isonzo” vince il primo premio della sezione Narrativa adulti del 1° Concorso letterario Nazionale “Premio Carolina D'Araio” e, sempre nella stessa occasione, con la poesia “Salendo al paese” il terzo premio della sezione Poesia adulti. Pubblica “Due avventure di Giovacchino Zaccana viaggiatore” in una raccolta di racconti editi dalla casa editrice Pagine nella collana “Nuovi autori contemporanei”. Nel 2014 pubblica il libro “Ipnotiche oscillazioni ed altre storie” Edizioni Universosud cui segue, nel 2015 sempre con la Casa Editrice UniversoSud, il libro di racconti “Giovacchino Zaccana – Appunti disordinati di viaggio”. Collabora con giornali e con riviste on line pubblicando poesie, brevi racconti e riflessioni di natura sociale e culturale. Ha un rapporto critico con il mondo che lo circonda. E’ curioso, irriverente. Odia ed ama la politica. Preferisce quella di prossimità. E’ capace di animare eventi complessi quando la letteratura, la musica, il teatro e la poesia possono restituire una occasione anche ai luoghi che vive. Così ha fatto rendendosi ‘testimonial’ del bisogno di spazi verdi fruibili nella sua amata Potenza, di luoghi da sottrarre all’amianto, all’incuria e all’abbandono.

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